Mentre la California brucia, arriva Trump il negazionista

Donald Trump si prepara a ereditare un mondo caldo come mai prima e lo guarderà bruciare senza fare niente. Nel frattempo la Cina, con tutti i suoi limiti e le sue contraddizioni, consolida la sua leadership sulle tecnologie verdi decisive per la transizione
Incendi in California
Incendi in CaliforniaJOSH EDELSON/Getty Images

Questo articolo è pubblicato sul numero 4-5 di Vanity Fair in edicola fino al 28 gennaio 2025.

Donald Trump si prepara a ereditare un mondo caldo come mai prima e lo guarderà bruciare senza fare niente. Secondo il report di Copernicus, il servizio di monitoraggio dell’Unione europea, il 2024 è stato l’anno più caldo da quando si raccolgono i dati, ancor più del già caldissimo 2023. Per la prima volta la temperatura media ha sfondato la soglia fissata dall’accordo di Parigi del 2015, che voleva tenere il riscaldamento globale sotto 1,5 gradi rispetto all’età pre-industriale. La media quotidiana è stata di 17,16 gradi. Gli eventi estremi si moltiplicano, il più estremo della storia americana è l’incendio di Los Angeles, in California. I danni stimati sono per oltre 150 miliardi di dollari, ma è troppo presto per fare un bilancio definitivo. Poco importa l’innesco, il punto è che Los Angeles è stata distrutta perché le politiche di prevenzione non bastano più visto che sono pensate per un mondo con temperature più basse, con eventi estremi più rari e meno devastanti. È questo il tratto comune di tutte le catastrofi climatiche recenti, incluse le alluvioni dall’Emilia-Romagna a Valencia. Mentre lo Stato più ricco d’America brucia, cosa fa Trump? Gongola, perché la California è la sintesi di quello contro cui combatte: uno Stato molto progressista, guidato dai Democratici, con regole stringenti su ambiente e diritti.

Trump usa i suoi social per attaccare il governatore della California Gavin Newsom, sostiene che abbia bloccato una riforma dei servizi idrici per salvare il pesce capelano nella baia di San Francisco, che i pompieri non abbiano aerei per intervenire e così via. Tutto falso, ma rilanciato ed esasperato su X da Elon Musk, dunque molto efficace. Nel frattempo, prima di lasciare la Casa Bianca, Joe Biden ha presentato i nuovi impegni degli Stati Uniti per rispettare quelli presi al vertice Cop29 di dicembre: entro il 2035 gli Usa vogliono ridurre le emissioni climalteranti del 61 per cento, così da accelerare l’approdo alla neutralità climatica nel 2050.

Una promessa ambiziosa, in vista del nuovo vertice climatico di febbraio in Brasile, e che non sarà mantenuta: Trump ha già detto di voler cancellare molte delle misure dell’amministrazione Biden, in particolare i sussidi a energie rinnovabili e all’acquisto di auto elettriche. Secondo i primi studi, con Trump gli Stati Uniti mancheranno l’obiettivo di Biden di almeno il 13 per cento. La cattiva notizia è dunque che gli Usa, dopo i quattro anni di Biden, non saranno più all’avanguardia degli sforzi climatici a livello internazionale. Quella buona è che neppure Trump potrà cancellare del tutto quello che l’amministrazione Biden ha fatto e che molti Stati americani, specie quelli a guida democratica, hanno il potere e l’autonomia per continuare ad applicare politiche verdi. Trump dovrebbe sbloccare subito molti progetti di ricerca petrolifera e di gas. Intanto ha lanciato una poco comprensibile battaglia contro la Gran Bretagna e i «mulini a vento» (intende gli impianti eolici) nel Mare del Nord. Nel frattempo la Cina, con tutti i suoi limiti e le sue contraddizioni, consolida la sua leadership sulle tecnologie verdi decisive per la transizione: prima i pannelli solari, ora le auto elettriche a batteria. Forse la fiaccola dell’avanguardia climatica che Trump lascia cadere passerà da mani americane a mani cinesi.

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